La Sanità pubblica è sempre più in difficoltà tra tagli di denaro e medici che se ne vanno; tutto ciò ricade sui cittadini che subiscono i disagi e le lungaggini delle attese per visite ed esami. Quello maggiore è sicuramente rappresentato dalle lunghissime liste d’attesa per prestazioni negli ospedali pubblici, che costringono i pazienti ad decidere per una costosa prestazione privata in modo da accorciare i tempi.
Ma esiste una legge che
obbliga le Asl a elargire le prestazioni entro un termine massimo altrimenti il
cittadino può rivolgersi a una struttura privata pagando però solo il tichet,
come se fosse effettuata in una struttura pubblica.
Il decreto legislativo
del 1998, n. 124 detta infatti delle direttive precise in materia di liste
d’attesa. Il comma 10 art. 3 stabilisce che le Regioni, attraverso i
direttori delle Aziende Unità Sanitarie locali e ospedali, devono stabilire i tempi
massimi che intercorrono tra la prestazione quando viene richiesta e quando
viene erogata. Questo intervallo di tempo deve essere ben divulgato e dovrebbe
essere comunicato all’assistito al momento della richiesta della prestazione.
L’articolo 3, infatti, tutela il diritto alla prestazione, e prevede che
l’assistito possa chiedere che la prestazione venga effettuata privatamente al
costo del ticket quando i tempi massimi di attesa superino quelli stabiliti.
Lo conferma anche Tonino Aceti, coordinatore nazionale
del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva: «Il diritto ad
accedere alle cure pubbliche in tempi certi, nonostante sia previsto da una serie di norme,
nella realtà è ancora troppo poco conosciuto dai cittadini e ostacolato in
pratica. Tra le cause c’è la scarsa trasparenza delle amministrazioni sui
diritti dei cittadini. Ciò alimenta le asimmetrie informative, che penalizzano
ancora una volta i più deboli. Sul rispetto dei tempi di attesa, sul corretto
esercizio dell’intramoenia e più in generale sul rispetto dei diritti dei
cittadini c’è da migliorare ancora molto dal punto di vista dei controlli,
troppo pochi e con molte falle”.
In pratica, chi chiede una
prestazione medico-specialistica o un accertamento diagnostico e
l’amministrazione risponde che i tempi
di attesa superano rispettivamente i 30 e 60 giorni, può chiedere che la stessa
prestazione gli venga fornita in intramoenia, ossia in attività
libero-professionale intramuraria, senza dover pagare da “privato” ma
pagando solo il ticket.
La differenza di costo
è a carico dell’Azienda Sanitaria locale. E se il cittadino ha l’esenzione dal
ticket non paga nulla e il costo è a
totale carico dell’Asl.
Nel caso, come accade
in alcune realtà, che le ASL blocchino le liste di attesa, l’articolo 3
assicura ugualmente il diritto alla prestazione privata pagando il solo ticket.
Bloccando le liste, infatti, l’ASL si pone nella situazione in cui non è in
grado di svolgere il suo dovere nei confronti del cittadino.
Per far valere i propri
diritti, il cittadino deve compilare un’istanza chiedendo la prestazione in
regime di attività libero – professionale. L’istanza va intestata
all’Azienda Sanitaria di appartenenza, ed è necessario allegare all’istanza
la ricetta medica e la prescrizione del cup.
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