Nel
Museo Civico all’interno di ciò che è rimasto dopo il terremoto
di maggio 2012 dello splendido Castello delle Rocche di Finale
Emilia, vi è stata una mostra del fotografo Giorgio Boschetti,
anch’esso di Finale Emilia. Una mostra che non è solo fotografica
in quanto l’autore lavora sulle fotografie in bianco e nero e a
colori, in modo da renderle tridimensionali, quasi reali. Per fare
ciò agisce sulle fotografie stampate su carta incidendole in maniera
da far uscire i colori delle quadricromie e creando così piccole
profondità o rilievi che rendono le foto uniche, con effetto
tridimensionale e con colori splendidi e reali. Lavorando su quelle
in bianco e nero riesce a creare parti a colori con effetti
straordinari sui particolari. Un lavoro minuzioso e paziente, da non
sbagliare per non rovinare le fotografie in maniera irreversibile.
Non si conoscono altri artisti che abbiano trovato questa
strada per fare foto così belle e uniche per l’effetto che
suscitano in chi le guarda. E per rendere onore al suo lavoro la
mostra, gratuita, è stata prolungata dal mese di aprile al mese di
maggio 2016.
Questa mostra in particolare è stata dedicata quasi interamente a
Finale Emilia con immagini antiche, moderne e post-terremoto.
Scrive di lui Giuliana Ghidoni:
“
Artista autodidatta, con sempre vive la voglia e la
curiosità della ricerca e dello studio, Giorgio Boschetti, dopo anni
di attività di pittore ad olio, di acquerellista e di “inventore”
di tecniche innovative, riesce a stupire chi guarda le sue opere con
originali esiti estetici. Sperimentatore di mezzi e strumenti, piega
alla sua sensibilità artistica immagini nate dalla fotografia,
intervenendo alla fine del processo di stampa incidendo la pelle
della carta e svelandone l’anima neutra che, sotto il bulino di
Boschetti, diventa fonte di luce, diventa esaltazione dei
particolari, svelatrice di emozione, creatrice di ectoplasmi sospesi
oltre la verità di ripresa. L’operazione artistica parte dal cuore
dell’artista che coglie, attraverso lo sguardo, frammenti di
realtà; la macchina fotografica è nelle sue mani solo un mezzo di
registrazione di un’immagine vista a priori, selezionata tra le
infinite possibilità dei punti di vista. Una volta eseguita la
stampa, Boschetti ritrova quel particolare che lo aveva colpito e
comincia la seconda fase del suo lavoro, quella di svelamento del
potenziale estetico chiuso in quel taglio, incidendo la superficie
della fotografia. Operazione quanto mai delicata, perché
irreversibile. Con decisione o leggerezza la mano dell’artista
guida il punteruolo a graffiare, puntinare, accarezzare l’epidermide
dell’immagine, esaltandone punti di luce e tridimensionalità,
rivelandone particolari secondari, disegnando apparizioni fantastiche
e fondendole con le macchie cromatiche reali. A volte Boschetti
esalta con il colore suggestioni luminose inattese, modulando verso
il “caldo” o il “freddo” il risultato finale, che può
passare attraverso un ulteriore passaggio tecnologico, quello dello
scanner e della nuova stampa, sperimentata anche su supporti diversi
da quello della carta fotografica. La ricerca non si ferma. Nel
coniugare fotografia e manipolazione artigianale dell’immagine,
Giorgio Boschetti ha trovato un campo infinito di possibilità
espressive, superando anche l’annosa e anacronistica questione
della separazione dei media artistici. Quel che il pubblico vede non
è un quadro né una fotografia, ma è un’immagine portatrice di
altissimo valore estetico.”
Dopo aver visto le sue fotografie ed essermi emozionata davanti a
tanta bravura e delicatezza, aver guardato i particolari di quelle
foto, che sono dei veri e propri quadri, con una lente di
ingrandimento che l’autore mette a disposizione per lo scopo, ho
pensato che sono tanti gli artisti bravi e unici che non hanno modo
di mettersi in mostra a livello nazionale o internazionale per la
mancanza di mezzi economici. Ma il loro lavoro è importante,
soprattutto nelle realtà locali, per dare importanza ai ricordi del
passato o mettere in evidenza le tante bellezze architettoniche
ancora intatte o rovinate dal tempo e dall'incuria, facendole
rivivere in maniera unica e particolare.
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Un pensiero va rivolto anche al Castello del XV secolo ferito
in maniera pesante dal forte terremoto che ha colpito l'Emilia nel
maggio 2012. Il castello è incredibilmente quasi intatto nella parte
frontale rivolta verso la piazza in cui si trova ma crollato
interamente nella parte posteriore.
Sembra aver voluto mantenere la
sua dignità per chi lo guarda dal centro nascondendo il crollo della
parte posteriore. Il castello è accessibile solo al piano terra,
dove vi è il bel Museo Civico, non è più possibile salire al piano
superiore e nella parte sotterranea.
Chi gestisce il Castello e il Museo (in maniera volontaria e
gratuita, solo per amore verso di esso, come spesso succede in un
paese non attento alla cultura) ha segnalato a chi di dovere
una
pendenza di una dei torrioni ancora in piedi ristrutturato e messo in
sicurezza due anni prima del terremoto. Segnalazione ignorata.
Bisogna aspettare che crolli?