mercoledì 26 settembre 2012
martedì 11 settembre 2012
Domenica 9 settembre 2012 ho partecipato alla Festa del Fatto Quotidiano a Marina di Pietrasanta.
Questo è il mio ricordo più bello (pubblicato sul Fatto Quotidiano del 11/09/12)
Questo è il mio ricordo più bello (pubblicato sul Fatto Quotidiano del 11/09/12)
Foto di www.ilfattoquotidiano.it |
E’ sempre un’emozione partecipare alla Festa del Fatto
Quotidiano e respirare aria di onestà e di giustizia insieme a tutti i bravi
giornalisti. Ma emozione ancora più grande è stato il lungo applauso, con tutte
le persone in piedi, che ha chiuso l’intervento dei magistrati ed in
particolare di Ingroia. Ha stretto il cuore la sua commozione, il suo viso
stanco e le sue parole detto con tono mesto, quello di una persona provata da
tutte le vicissitudini, le offese e le ingiurie delle quali è stato vittima solo
per avere svolto il suo lavoro con onestà nel rispetto della legge e della
Costituzione, come qualsiasi magistrato dovrebbe fare e come in un paese civile
sarebbe scontato. E’ necessario continuare ad appoggiare queste persone
meravigliose e stare loro vicine con il nostro calore perché sentano che gli
italiani onesti sono sempre dalla loro parte.
sabato 1 settembre 2012
Comincio con postare il mio commento su Indro Montanelli pubblicato sul sito del "Fatto Quotidiano"
Scriveva quello che pensava. E non è facile
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 4 maggio 2012
Indro Montanelli lo ritengo una delle poche persone che ha fatto la storia del giornalismo. Una persona che scriveva quello che realmente pensava, senza farsi influenzare da nulla che potesse giovargli o gli rendesse il lavoro più comodo. Una persona che ragionava sui fatti e cambiava intelligentemente idea se capiva di aver sbagliato, senza paura di ammetterlo.
Una dei pochi che ha saputo voltare le spalle a chi gli imponeva di scrivere le proprie idee politiche, le proprie manie di grandezza e voleva diventarne il padrone. Ricordo quanto mi ha fatto ridere il racconto della sua visita al mausoleo di Berlusconi e posso solo immaginare con simpatia la sua faccia atterrita all’idea di entrare in uno di quei loculi.
L’aver lavorato con Silvio, averlo conosciuto in ogni aspetto del suo carattere, credo sia stato l’apice di ciò che ha potuto vedere Montanelli nella sua lunga vita, è passato attraverso due guerre vivendone i momenti peggiori, ha vissuto praticamente tutta la storia d’Italia, dalla ricostruzione del dopoguerra, attraverso gli anni del boom economico, gli scandali della prima repubblica e parte degli scandali della seconda, arrivando a vedere l’inizio del declino di questo paese impoverito dei valori per cui lui combatteva ogni giorno. Ha potuto così raccontare, avendola vissuta in prima persona, la storia del nostro paese, articolo dopo articolo, libro dopo libro, lasciando a chi aveva il piacere di leggerlo, la possibilità di conoscere i fatti in modo chiaro e dettagliato.
Pur non condividendo sempre le sue idee, ancora oggi mi capita di leggere dei suoi scritti perchè in essi trovo sempre qualcosa da imparare ed ogni volta ammiro il suo modo di scrivere, la sua cultura e la sua onestà intellettuale.
Ammiro la forza d’animo di un uomo che a 85 anni decide di ricominciare un’avventura giornalistica importante come La Voce, assumendosene il rischio e la fatica, per rimanere un uomo libero, per poter fare vera informazione e dare notizie in cui poter credere, circondandosi dei migliori collaboratori. Ammiro la volontà di un uomo che fino all’ultimo giorno della sua vita ha difeso le proprie idee e quelle delle persone nelle quali credeva.
Credo ci abbia lasciato tanto, un’eredità di parole scritte che possono aiutare chi ha voglia di leggerle e capirle a non ripetere gli errori del passato, ad informarsi attraverso fonti serie ed attendibili, a non dare per scontato nulla e a cercare di capire bene, quando si fanno scelte sulle persone a cui lasciare in mano il proprio futuro, a chi ci si affida.
Monica Stanghellini
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/04/scriveva-quello-pensava-facile/218526/
Scriveva quello che pensava. E non è facile
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 4 maggio 2012
Indro Montanelli lo ritengo una delle poche persone che ha fatto la storia del giornalismo. Una persona che scriveva quello che realmente pensava, senza farsi influenzare da nulla che potesse giovargli o gli rendesse il lavoro più comodo. Una persona che ragionava sui fatti e cambiava intelligentemente idea se capiva di aver sbagliato, senza paura di ammetterlo.
Una dei pochi che ha saputo voltare le spalle a chi gli imponeva di scrivere le proprie idee politiche, le proprie manie di grandezza e voleva diventarne il padrone. Ricordo quanto mi ha fatto ridere il racconto della sua visita al mausoleo di Berlusconi e posso solo immaginare con simpatia la sua faccia atterrita all’idea di entrare in uno di quei loculi.
L’aver lavorato con Silvio, averlo conosciuto in ogni aspetto del suo carattere, credo sia stato l’apice di ciò che ha potuto vedere Montanelli nella sua lunga vita, è passato attraverso due guerre vivendone i momenti peggiori, ha vissuto praticamente tutta la storia d’Italia, dalla ricostruzione del dopoguerra, attraverso gli anni del boom economico, gli scandali della prima repubblica e parte degli scandali della seconda, arrivando a vedere l’inizio del declino di questo paese impoverito dei valori per cui lui combatteva ogni giorno. Ha potuto così raccontare, avendola vissuta in prima persona, la storia del nostro paese, articolo dopo articolo, libro dopo libro, lasciando a chi aveva il piacere di leggerlo, la possibilità di conoscere i fatti in modo chiaro e dettagliato.
Pur non condividendo sempre le sue idee, ancora oggi mi capita di leggere dei suoi scritti perchè in essi trovo sempre qualcosa da imparare ed ogni volta ammiro il suo modo di scrivere, la sua cultura e la sua onestà intellettuale.
Ammiro la forza d’animo di un uomo che a 85 anni decide di ricominciare un’avventura giornalistica importante come La Voce, assumendosene il rischio e la fatica, per rimanere un uomo libero, per poter fare vera informazione e dare notizie in cui poter credere, circondandosi dei migliori collaboratori. Ammiro la volontà di un uomo che fino all’ultimo giorno della sua vita ha difeso le proprie idee e quelle delle persone nelle quali credeva.
Credo ci abbia lasciato tanto, un’eredità di parole scritte che possono aiutare chi ha voglia di leggerle e capirle a non ripetere gli errori del passato, ad informarsi attraverso fonti serie ed attendibili, a non dare per scontato nulla e a cercare di capire bene, quando si fanno scelte sulle persone a cui lasciare in mano il proprio futuro, a chi ci si affida.
Monica Stanghellini
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/04/scriveva-quello-pensava-facile/218526/
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Sono completamente d’accordo con Fini. Di Travaglio (col
quale mi trovo sempre d’accordo, ma non in questo caso) non condivido il
non essere “puniti” per errori nella diffamazione di qualcuno sui giornali. E
per vari motivi:
1) Il giornalista, PRIMA di scrivere di una persona o azienda o qualunque cosa, deve
informarsi correttamente e a fondo
2) I giornali, in malafede, quando mettono una notizia la sbattono in prima pagina a
caratteri cubitali ma, se e quando sbagliano, mettono la smentita in fondo al
giornale in caratteri minuscoli o, quando va bene, in un trafiletto nelle
pagine interne. Inoltre il lettore è sempre più portato a credere al male che al
bene e potrebbe anche non leggere la smentita
3) Se non vi fosse la possibilità di essere denunciati o querelati, i giornalisti
potrebbero diffamare chiunque gli stia antipatico senza nemmeno avere gli
argomenti per farlo.
Per tutto ciò ritengo sia giusto che chi diffama sbagliando
paghi i danni almeno civilmente ma, se la diffamazione porta gravi conseguenze
al diffamato, è giusto che paghi anche penalmente (anche se poi in galera non si
va mai) e venga radiato dall’Albo, soprattutto se lo ha fatto volutamente. Si
sono visti troppi casi di persone e famiglie rovinate dall’ingordigia e
spregiudicatezza dei giornalisti.
Anche perché nelle cause, se il giornalista ha ragione,
viene scagionato e Travaglio lo sa bene visto che le ha vinte praticamente
tutte. Poi gli do ragione quando dice che i personaggi di cui lui scrive
denunciano e querelano, chiedendo risarcimenti milionari, per intimidazione.
E poi, come dice Fini, non si può stare dalla parte della
legge solo quando tocca gli amici o i nemici (a seconda dei casi) e dissentire
quando fa comodo.