mercoledì 7 marzo 2018

Travaglio: all'improvviso tutti grillini


Marco Travaglio, nel suo editoriale di oggi 7 marzo, parla simpaticamente di come all’improvviso tutti siano diventati grillini.

Dopo la vittoria del M5S alle elezioni dove un terzo dell’elettorato ha votato il Movimento nella speranza di un cambiamento e un altro quinto del paese ho votato la Lega perché ne ha le scatole piene dell’immigrazione incontrollata e di un Europa sanguisuga, all’improvviso gran parte dei giornalisti e dei personaggi noti che sparavano a zero sul Movimento  e etichettavano Luigi Di Maio come incompetente e ignorante, si scoprono grillini.

Scrive Travaglio:

Ricordate Attila Di Maio e gli Unni grillini pronti al sacco di Roma e dell’Italia tutta con le loro orde di populisti, antieuropeisti, incompetenti, scrocconi, truffatori e impresentabili? Ricordate gli appelli, i contrappelli e i moniti del Partitone TTDM (Tutti Tranne Di Maio) per “fare argine” contro la calata dei terribili baluba, anche a costo di prendere sul serio un caso umano come Renzi e soprattutto riabilitare Berlusconi occultando le sue sentenze, le sue corruzioni, le sue frodi, i suoi finanziamenti alla mafia, i suoi disastri, le sue leggi vergogna, i suoi conflitti d’interessi, il suo rincoglionimento senile?
Ecco, scordatevi tutto: Attila sta per diventare Cavour. Tutte le lingue di velluto che fino a sabato leccavano Renzi, Gentiloni, Calenda, Bonino, Boschi, Napolitano, Prodi e B., domenica e lunedì si sono riavvolte in attesa di fare i conti sui nuovi oggetti del desiderio. E ieri si sono srotolate per posarsi leggiadre sui neovincitori. Che però sono due, Di Maio e Salvini, il che spiega il surplus di prudenza che ancora tiene socchiuse le cateratte e frena l’ipersalivazione generale: meglio, in attesa del governo, portarsi avanti con leccate “di posizione”, hai visto mai.”

Poi Marco continua con i nomi che hanno cambiato improvvisamente idea:

“Il “rompete le lingue” lo dà Sergio Marchionne, fedele alla linea del vecchio senatore Agnelli: “Noi siamo governativi per definizione”. Prima dà il calcio dell’asino all’amico Matteo: “Non riconosco più il Renzi di un tempo”, proprio mentre, con le dimissioni senza dimissioni, si conferma più che mai quello di sempre. Poi aggiunge: “Paura del M5S? Ne abbiamo passate di peggio” (cioè tutti i governi precedenti, regolarmente appoggiati dalla Fiat e da Marchionne). E ancora: “Salvini e Di Maio non li conosco, ma non mi spaventano”. E ora chi lo dice a quelli de La Stampa, che fino a ieri lottavano come un sol uomo contro le fake news dei famosi hacker russi al servizio di Putin pro Lega&5Stelle?


Al segnale convenuto, anche Vincenzo Boccia, il presidente di Confindustria che vaticinò l’Apocalisse in caso di vittoria del No al referendum e dei populisti alle elezioni, spiega che aveva scherzato: “Il M5S è un partito democratico, non fa paura”, e quanto all’orribile reddito di cittadinanza (già demonizzato come stipendio ai fannulloni), se ne può parlare. E i giornaloni non si son fatti cogliere impreparati: già ieri erano pronti alla pugna, pancia in dentro e lingua in fuori. Johnny Riotta, trascurando la Task Force contro le fake news putiniane, rende omaggio su La Stampa al grande “Gianroberto Casaleggio”, che aveva intuito la fine del XX secolo e “anticipato questa dinamica nei suoi scritti”.”

La moda di salire sul carro del vincitore non passa mai. E nemmeno l’ipocrisia di certe persone.

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