martedì 23 settembre 2014

Belpietro sull'immigrazione, per una volta concordo con lui

Per una volta sono d'accordo con Belpietro..Gli ho scritto facendogli i complimenti, ha scritto esattamente quello che penso e lui mi ha subito risposto, un punto a suo favore anche questo, devo dire. Al Fatto non rispondono più da tempo Al di là di ciò leggete il suo editoriale completo qui:

Ostaggi nelle città: i veri profughi siamo diventati noi- Maurizio Belpietro da Libero del 23/09/14

La notizia è di quelle di solito destinate a finire nelle pagine di cronaca cittadina e neppure tra le primissime. Si tratta diquesto.Unaragazzadicircatrent’anni che di mestiere fa la conducente di
autobus, sabato sera, mentre fa il giro della periferia romana sulla linea 42,
viene fermata, lei e il suo autobus, da un gruppo dipersone che urlano e pre-
monopersalire.Sulmezzo nonc’ènessun viaggiatore. Lei si spaventa, perché
i tipi hanno l’aria di essere arrabbiati eubriachi, tiene dunque chiuse le porte
ecercadiripartire.Questilanciano bottiglie e sassi contro i finestrini e solo per
miracolo la giovane non viene colpita ma riesce a rimettere in moto e allonta-
narsi. Più avanti però il gruppo riprova a tagliarle la strada e ancora una volta
lei, sola e spaventata, chiede aiuto alla centrale degli autobus e ad un amico
conducente dell’Atac che abita nelle vicinanze e che poi sarà testimone del-
l’accerchiamento. Alla fine, dopo aver temutoperla suavita(«Urlavano:tiam-
mazziamo»), terrorizzata e sotto choc, la conducente riesce finalmente a rag-
giungere il deposito dell’azienda tranviaria capitolina, dove verrà affidata a
un medico perle cure e l’assistenza psicologica.
L’episodio si ripete domenica,non più sulla 42 ma sulla 508. Un altro gruppo di scal-
manati tenta di assaltare un autobuscondotto da una ragazza, la quale, forse avverti-
ta di quanto successo il giorno prima alla collega, rimette in moto prima di essere
circondata e dunque riesce afuggire.Tutto ciòin un normale weekend di settembre
alla periferia di Roma, cioè nella capitale d’Italia, non in un luogo isolato, ma a pochi
chilometri dalla sede del governo, in un orario compreso fra le 19,30 e le ventuno,
quandocioè la gente è ancora per strada.
Machisono gliscalmanati che la sera di un caldo fine settimana si mettono a spa-
ventare le ragazze che fanno un servizio pubblico di autotrasporto? Secondo quanto
riferisconolecronachesitrat terebbe - o, se si vuole essere più precisi, si sarebbe tratta-
to - di una trentina di immigratin ordafricani che vivono
in un centro di accoglienza nei pressi di Corcolle, tra Tivoli e Roma.Profughi,insom-
ma. Arrivati non si sa bene da dove e non si sa bene perché e che qualcuno dall’alto
ha deciso dovessero essere ospitati lì, in una periferia di Romachehagiàtantiproble-
mi per i fatti suoi e non ha certo bisogno di importarne altri.Risultato,ieridopolase-
conda aggressione, in zona c’è stata una manifestazione diprotestae cinquenordafri-
canisono statia lorovolta accerchiati e un paio se la sono vista brutta: malmenati e in-
seguitinonostante non avessero alcuna colpa.
Già, perché la colpa non è di chi arriva da noi (a meno che non assalti e distrugga
un autobus,spaventando un conducente), ma di chi ce lo manda senza preoccuparsi
delle tensioni che gli immigrati portano se non sono inseriti. Qualche giorno fa nel-
la Capitale c’è scappato il morto:unostraniero su digiri per le abbondanti bevute
hainiziatoainsultareemolestare i passanti. A un ragazzo di 17 anni ha anche sputato
in faccia e questi ha reagito colpendolo con un pugno.
L’immigrato è morto e il giovane è finito in carcere. Storia di cronaca, brutta crona-
ca, con due vittime: il defunto e un minorenne che ha la vita rovinata per sempre. Ma
non è questo il punto: nel quartiere c’è chi,in difesa del ragazzino arrestato, ha orga-
nizzato una fiaccolata e un sit in di sostegno, rappresentando un clima teso che ri-
schia di provocare altri incidenti.
Salvo il morto, la situazione romana non è diversa da quelladialtrecittàtrasforma-
te in centri per accoglienza. Qualche giorno fa Libero ha infatti aperto la prima pagi-
na con un titolo inequivocabile: «L’Italia è un campo profughi». Dove i profughi
non sono però i 150 mila o forse più stranieri arrivati nel nostro Paese a far data dal
primo di gennaio di quest’anno,ma gliitaliani,iquali, come l’autista dell’Atac,
hannopauraegiranoallalargadagliaccampamentiinsediati in periferia o in centro.
Le stazioni ferroviarie, i giardini e molti edifici pubblici sono diventati campi per
stranieri, senza che siano tutelate le normali condizioni igieniche e senza che sia ga-
rantita la sicurezza. E naturalmente nessuno fa niente: non la polizia, che ha le ma-
ni legate ed è costretta ad assistereimpassibileallo scivolamento verso il degrado di
interi quartieri; non il governo, che pare distratto dalle chiacchiere e dai viaggi all’e-
stero del suo premier; non i sindaci delle grandi città, che dopo aver predicato per
anni la solidarietà e l’accoglienza come fanno i veri compagni, ora non possono
che tacere.
Così,ilnaufragio più grande che sista compiendo non è quello nel canale di Sicilia,
ma quello del nostro Paese, allamer cé digentecheassalta gli autobus e di trafficanti
di esseri umani rlacronaca, il Consiglio d’Europa ha tenuto il conto di quanti sca-
fisti sono stati condannati in Italia:sullecentinaia arrestate e identificate, nel 2010 so-
lo 14 sono andati a processo, mentre nel2011 quellimessi alla sbarra sono stati nove.
La crisi infatti non colpisce solo il Pil,ma anche laGiustizia che, proprio come il Pro-
dotto interno lordo e l’occupazione, è fiacca. E in queste condizioni, gli unici che non
si perdono d’animo ma anzi ci sguazzano sono i delinquenti.

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